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13-3-3309. Infiltrazione a Niu Hsing. Azione.

17 Mar 2023Emma Adama
È con un violento scossone che la Entropy ci riporta a Niu Hsing. Il wormhole si è aperto a circa 28 secondi-luce dalla stella, poco più della metà della distanza che avevamo preventivato. Navarro è su tutte le furie, batte i pugni sulla consolle e urla blasfemie che persino io avrei delle remore a ripetere. Mi punta un dito dritto in faccia e mi urla una frase che voglio appuntarmi per onorare il suo coraggio: "maledetta figlia d'un Thargoid! 28 secondi-luce! Hai due ore per toglierci dalla merda, donna!"
La decisione è presa in fretta: cinque minuti di ritardo non graveranno sull'esito della missione perciò faccio accomodare il timoniere alla scrivania e faccio uscire tutti gli altri.
Ne usciamo poco dopo, io raggiante, lui silenzioso. Mi assicuro che nessun altro abbia bisogno di ripassare le buone maniere, poi chiedo un veloce report sullo stato della Entropy. Scudi, FSD e tutti i sistemi non necessari sono offline. Nessun danno strutturale riportato. Nessun incendio sulla linea del cablaggio della ICSCN. Stiamo accumulando una quantità spaventosa di calore e radiazioni.
Theodora cerca di richiamare la mia attenzione con un delicato gesto, ma le comunico con lo sguardo che capisco la difficoltà di fronte cui l'ho messa e che le sono riconoscente per essere comunque riuscita a portarci vicino e non dentro la stella. Decido che i rischi sono troppi e il tempo troppo poco, perciò andrò da sola. I meno codardi del gruppo insistono perché ci si attenga al piano iniziale con due squadre ma io taglio corto, prendo Kerry per un braccio e lo conduco in armeria. Pistola al plasma, fucile cinetico, granate, batterie ausiliarie per lo scudo... Avrei preferito viaggiare leggera.

La Vulture da ricognizione, la Orizzonte Cosmico, viene portata in superficie. Prima di sganciarla dall'ancoraggio mi assicuro che tutti i sistemi non necessari siamo offline così da ridurre al minimo le emissioni. Poco dopo sono fuori, nello spazio profondo, da sola in una missione suicida. Dovrò necessariamente viaggiare iperluce fino al pianeta sulla cui superficie si trova l'insediamento Ovcharenko Territories e questa sarà la parte più pericolosa perché potrei essere notata. Imposto la rotta dal computer di bordo e pochi minuti dopo vedo il pianeta, in realtà una luna, destinazione del breve viaggio. Il lato positivo è che si tratta di una luna senza atmosfera quindi nessuno vedrà bagliori durante la discesa in superficie. Decido comunque per un approccio cauto. Non voglio che la luce della stella, riflessa sulle paratie della nave, possa allertare qualcuno. Scendo con una pericolosa inclinazione di 45° per poi diminuirla a pochi chilometri dalla superficie. Mi porto sotto i 500 metri. Sono a circa 120 km di distanza dall'insediamento, viaggiando a circa 350 m/s. In poco tempo riduco la distanza che mi separa dall'obbiettivo. La luna, come molto satelliti, ha una superficie per lo più piatta. Ci sono diversi crateri dati dall'impatto con innumerevoli asteroidi che, non incontrando la resistenza di uno strato atmosferico, si sono schiantati incontrastati sulla superficie butterata. Non ci sono colline o montagne a coprire la mia avanzata, segno che il planetoide non presenta vulcanismo. Alla quota a cui viaggio non dovrei comunque essere vista, inoltre la fortuna ha voluto che l'insediamento si trovi sul lato attualmente non illuminato dalla stella. Mi fermo ad una distanza di 8 km. La nave si posa docilmente sul terreno ghiacciato. Il nuovo piano prevede che una volta disabilitato l'insediamento la nave mi raggiunga con la guida automatica. Dovrei avere abbastanza spazio nella stiva.
Scendo e subito il computer della tuta mi avverte che temperatura e gravità sono pericolosamente basse. Il rischio è di morire congelata o di inciampare e ritrovarmi sparata in orbita.

Mi incammino senza ulteriore indugio. Non ci sono venti, non essendoci atmosfera e il buio è totale. Per non perdere l'orientamento seguo le luci della stazione, ben visibili da qui. Avvicinandomi noto esplosioni luminose per tutta la base ed iniziano ad arrivarmi, attutiti dalla scarsità del mezzo in cui si propagano, i suoni prodotti dalla popolazione locale.
Arrivata a breve distanza i suoni diventano distinguibili. Sembra che ci sia una battaglia in atto. Va bene, i disordini giocano a mio favore. Raggiungo finalmente la stazione. Non c'è un muro perimetrale a protezione degli edifici.
Mi nascondo dietro il muro di una delle costruzioni. Do un rapido sguardo dietro l'angolo. Avevo ragione, c'è una rivolta in atto. Lux mi aveva accennato ad un movimento popolare che chiedeva con violenza maggiori diritti e libertà.
Sfruttando i razzi dello zaino mi porto sul tetto della costruzione. Inaspettatamente mi ritrovo un uomo davanti. Punta il fucile ma prima che abbia il tempo di fare altro gli pratico un foro enorme nel cranio con l'arma al plasma. L'atto violento non sembra aver attirato l'attenzione di nessuno. Mi sporgo dal lato interno per avere una visuale sull'insediamento. Si tratta di un piccolo ammasso di edifici. Facendo due conti non dovrebbero esserci più di un centinaio di persone e a giudicare dai cadaveri provocati dalla rivolta direi che la metà è già stata sistemata. Attraverso una finestra dell'edificio di fronte vedo un terminale informativo. È lui il mio primo obbiettivo. Lungo il passaggio che separa i due edifici la gente sta combattendo. Decido di tentare un lungo salto, aiutata dai razzi e dalla bassa gravità. Nessuno sembra accorgersi del mio gesto avventato. Trovo un ingresso. Punto la pistola ed apro il portello. Due uomini stavano salendo le scale. Si immobilizzano quando mi vedono, non aspettandosi di incontrare nessuno. Deve balenargli l'idea di passare sul mio cadavere perché puntano le armi verso di me, ma io ero preparata e porto a tre il conto personale delle vittime. Scendo di due piani, dove dovrebbe trovarsi il terminale. Il sistema ambientale è stato disattivato e non posso quindi contare né su ossigeno né su pavimentazione magnetica.
Attraverso una vetrata vedo il terminale ma il portello che mi separa da lui è bloccato con lettore biometrico. Torno alle scale e scansiono i due cadaveri con il profile analyzer. Propongo al lettore le loro identità ma questo non si muove. Controllo velocemente che non ci sia nessun altro nei paraggi, poi con l'arc cutter brucio i bordi del pannello per la manutenzione. Il pannello nasconde un marasma di cavi malamente intrecciati. Uso l'energy link per inviare una scarica. Il sabotaggio funziona, il portello si apre.

Il terminale mi restituisce le informazioni che voglio: la posizione del magazzino e del centro energetico dell'insediamento. Mi dirigerò prima di tutto lì.
Torno sul tetto e da lì mi dirigo nella direzione del centro nevralgico, saltando da un tetto all'altro. La battaglia sta man mano esaurendosi. Nessuno si frappone tra me e il mio obbiettivo. L'ingresso del centro energetico è serrato e anche in questo caso è richiesta una specifica identità per entrare. Di nuovo provo con i cadaveri nelle vicinanze e di nuovo mi trovo a dover usare metodi alternativi. L'apertura del portello allarma una guardia. Ha giusto il tempo di accendere la radio prima di morire ma questo è sufficiente ad insospettire gli altri. Mi nascondo dietro un mucchio di casse. Due guardie si avvicinano, vedono il cadavere e si accasciano a fargli compagnia. Ho già finito un caricatore.
L'edificio è piccolo ed il cuore pulsante dell'insediamento è facilmente raggiungibile. Inizio la procedura di spegnimento. Questo fa scattare un allarme. Il radar della tuta mi dà cinque segnali in avvicinamento. La stanza ha due entrate. Merda. Lo spegnimento richiede due minuti e dovrò comunque distruggere il nucleo se non voglio che venga riattivato. Farlo saltare ora significherebbe far esplodere l'edificio con me dentro, quindi passo al piano B.
Usando l'energy link sovraccarico uno degli ingressi in modo che non si apra, poi mi preparo alla battaglia. Posiziono una resistente cassa in modo da avere copertura e preparo le granate. Rinfodero la pistola, preferendole il fucile d'assalto. Il portello si apre e subito sono raggiunta da una scarica di proiettili. Il mio scudo li devia al costo di quasi tutta l'energia. Lancio una granata accecante e scarico l'intero caricatore alla cieca. Sostituisco la batteria della tuta e mi affaccio dalla copertura, ci sono quattro corpi. Mi arriva un colpo fortissimo sul casco che mi fa scivolare di diversi metri. Nell'urto perdo il fucile. L'uomo si avventa su di me. La sua è una tuta da combattimento di ultima generazione, non ho molte possibilità di batterlo con i pugni. Mi prende per il collo e mi scaraventa dall'altro lato della stanza. Il dolore mi fa imbestialire ma non riesco a muovermi per le fitte. È di nuovo su di me. Alza un piede con l'intento di schiacciarmi ma il mio istinto di sopravvivenza misto alla rabbia mi concede l'energia per rotolare di lato ed allontanare di un altro giorno l'abbraccio di Kobol.
Devo scaricargli un intero caricatore di plasma per rallentarlo ma è stato sufficiente solo ad azzerare i suoi scudi. Finché quelli non si ricaricano è vulnerabile. Mi colpisce mentre inserisco un nuovo caricatore nell'arma facendomela cadere. Ho poco tempo prima che gli scudi si ricarichino.
Prendo una delle granate "sticky" e gliela incollo sul petto, togliendo la sicura. In quel momento il suo scudo si rigenera, incorporando la granata. Sono a circa dieci centimetri da lui.

Lo guardo negli occhi.
Ha paura.
Il suo scudo mi protegge da una morte orrenda ma non può fare nulla per quel povero bastardo.
Destino beffardo.

Il più è fatto. Mi assicuro che l'energia non possa essere ripristinata e mi incammino, guardinga, verso l'uscita dopo aver raccolto le mie armi. Fuori mi accoglie la desolazione. Sento ancora qualcuno combattere ma sono lontani. Il magazzino è in fondo al viale principale. Lo raggiungo senza intoppi. Non essendoci più energia devo aprire i portelli manualmente con il solito sistema. L'intero edificio è al buio ora e mi faccio strada con la torcia.
Il tempo stringe.
Cerco freneticamente sugli scaffali e dentro ogni cassa. Quando infine raggiungo l'ultima stanza vedo i ricambi che servono sulla Entropy. Invio le coordinate alla Orizzonte Cosmico che in un attimo atterra fuori dall'edificio. I cavi sono pesanti ma non ho scelta. Arranco all'esterno, apro il portello e la nave fa il resto con ll magnetismo. Rimane spazio per una cassa o due. Ne porto fuori una, sperando ci sia l'occorrente per l'altra nave che ha bisogno di riparazioni, la Costante di Planck. Un uomo si affaccia da dietro un muro. Punto l'arma e lui alza le mani. Chiede pietà. Non gliela posso concedere. A malincuore lo lascio lì, morto con un'espressione sul viso che mi strappa l'anima. Salgo a bordo e mentre la navetta si porta in quota mi tolgo la tuta Maverick per indossare i più comodi abiti per il volo. Non so come ne sia uscita viva, evidentemente gli dei di Kobol si sono distratti. Per abitudine li maledico comunque. Abbandono il pianeta e poco dopo sono alle coordinate della Entropy.

La Entropy è sparita.

Batto un pugno sulla consolle di comando ma non posso abbandonarmi alla disperazione ora. Controllo lo scanner ad ampio spettro e questo mi riporta diversi segnali di S.O.S. Dubito la Entropy abbia chiesto aiuto qui ma preferisco controllare. Mi sintonizzo sui vari segnali. Nessuno riporta la voce di Madeline o un'altra voce riconoscibile perciò escludo che siano loro. Provo con il Wake Scanner, che rileva l'impronta lasciata dopo un salto iperspazio. Non trovo nulla. L'impronta di una Capital Ship perdura a lungo, quindi ne deduco che si trovino ancora nel sistema. Ricontrollo lo scanner ad ampio spettro. Ci sono cinque segnali attribuibili a Capital Ship federali sparsi nel sistema. Inizio a pensare che quei cani ci abbiano fiutati. Se sono a così grande distanza l'una dall'altra significa che non stanno attaccando la Entropy. Forse i ragazzi sono riusciti a far perdere le proprie tracce. Dovrò stare attenta a non farmi notare o sarà la fine. Appare un sesto segnale, debole, che normalmente non sarebbe riconducibile ad una Capital Ship ma se la Entropy ha ancora i sistemi offline potrebbero essere loro. Il segnale scompare poco dopo. Non sono sicura su come comportarmi. Non posso inseguire alla cieca un segnale che va e viene e devo evitare di insospettire le navi federali. Il debole segnale riappare con diverse coordinate. Decido di provare a seguirlo.
Nelle due ore che seguono il segnale appare e scompare un migliaio di volte e sembra seguire una traiettoria che si allontana dalle Capital Ship federali.
Devono averlo capito anche loro perché vedo dallo scanner che stanno convergendo tutte e cinque in quella direzione. Noto che il segnale scompare e riappare con una precisa frequenza e che ogni volta si sposta della stessa distanza. La traiettoria è curva, con una leggera inclinazione. Eseguo un breve calcolo per ipotizzare i successivi movimenti del segnale. Se ho capito davvero il pattern, so dove si troverà tra mezz'ora. Mi precipito alle coordinate e attendo.

Le navi federali sono ormai a breve distanza. Solo una manciata di secondi-luce ci separa ma della Entropy non c'è traccia.
D'un tratto la mia nave inizia a sobbalzare e dal computer di bordo arriva un segnale d'allarme.

Attenzione, alta concentrazione energetica

Il messaggio viene ripetuto incessantemente dalla voce del computer di bordo e le luci di emergenza lampeggiano all'impazzata.

Questo tipo di segnale solitamente implica l'ingresso di una nave Thargoid. Non è proprio il momento per un attacco alieno.
Mi faccio rasserenare dall'idea che la guerra con i Thargoid si sta svolgendo in tutt'altra zona della Bolla e prego che non siano davvero loro. La nave viene investita da una potente onda d'urto e davanti a me, a distanza pericolosamente ravvicinata vedo aprirsi un wormhole. Il wormhole è circondato da una nube che emette una moltitudine di fulmini. I fulmini ricadono verso l'interno del buco ma io sono vicina e rischio di farmi ammazzare. Mi allontano di qualche chilometro. Le Ship federali sono ormai arrivate. Dietro il wormhole le vedo comparire, una ad una lasciando la velocità iperluce per accogliere chiunque stia uscendo dalla voragine iperspaziale. Finalmente qualcosa attraversa lentamente la nube di fulmini. Riconosco il muso della Entropy e il cuore ricomincia a battere. Le navi federali non perdono tempo e cominciamo a sparare sulla Entropy. Gli scudi sono in funzione e deviano i massicci attacchi laser in arrivo. Con i motori al massimo copro in fretta la distanza che mi separa dalla salvezza. Invio un messaggio chiedendo che venga aperto un hangar. Eseguo in fretta la manovra d'attracco e mentre do il comando per essere portata all'interno, guardando fuori davanti a me vedo che si sta già aprendo un altro wormhole per la fuga. L'onda d'urto è fortissima e per poco la Orizzonte Cosmico non viene sganciata e sbriciolata. Appena l'hangar si richiude sopra di me sento Madeline avvertire l'equipaggio che stiamo entrando nel tunnel iperspaziale.
Gli allarmi stanno impazzendo. Scendo dalla nave e mi dirigo in fretta alla sala comando, correndo per gli interminabili corridoi seguita dallo sguardo attonito di chi mi vede correre durante un salto, quando ci si aspetta che tutti siano seduti e con le cinture allacciate. Una paratia mi esplode alle spalle. Do solo un rapido sguardo. Un piccolo incendio sta iniziando a divorare cavi e altre apparecchiature. Mi affretto in sala comando per comunicare l'esito della missione e la necessità di spegnere l'incendio.

Stranamente, non c'è Navarro ai comandi.

Firmato: Comandante Emma Adama.
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