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15-3-3309. Atto finale. Inizio.

18 Mar 2023Emma Adama
Sento dei leggeri colpi sulla spalla. Mi sveglio, ma non c'è nessuno. Mi sono addormentata di nuovo sul divanetto.

Emma...

Mi volto di scatto. La voce sembrava provenire dal portello ma non vedo nessuno.

Emma, ricorda...

Stavolta viene dalla scrivania. Di nuovo, mi volto a guardare ma non c'è nessuno.

Emma! Ricordati di me...

Ora la voce arriva dalla mia destra, come se chi parla fosse seduto vicino a me. Mi volto lentamente, impaurita, ma non c'è nessuno. Oltre la vetrata che si affaccia sul muso della Entropy non si vede nulla. Nessun bagliore arriva dall'esterno, come se non ci fosse una sola stella in tutto l'universo.

Emma, ricordati di me...

La voce è vicinissima. La sento come fosse dentro le mie orecchie.
Mi immobilizzo, terrorizzata.

Ricordati di me, Emma...

La sensazione è quella di qualcuno che mi appoggia le mani sulle spalle e mi sussurra prima in un orecchio, poi nell'altro. Ho i brividi lungo il collo e la schiena e sento l'alito umido accompagnare le parole passando per le orecchie, fin dentro la mia testa.

Dalla piccola vetrata del portello non arriva nessuna luce, come se il ponte di comando fosse spento. Come se non ci fosse alcun ponte di comando.
Lentamente poso lo sguardo lungo il perimetro della stanza. Man mano vedo affievolirsi tutte le luci, i monitor, le spie, finché la stanza non cade nel buio più totale. È come se non esistesse nulla all'infuori di me. Mi ritrovo in piedi. Non ricordo di essermi alzata.
Una mano tocca la mia. Mi giro e il tocco svanisce.
Una carezza sul viso.
Sobbalzo. Non vedo nulla, ma sento una presenza.
Mi afferra gentilmente per le spalle. Mi volto ancora, di nuovo per vedere solo il buio.
Chiudo gli occhi. In quel momento iniziano delle urla angosciose. Mi chino e porto le mani a coprirmi le orecchie ma le urla provengono da dentro di me. Non riesco più ad aprire gli occhi. Vorrei far smettere quelle grida ma non c'è verso. Vedo in lontananza una figura dai contorni noti, vestita di una aderente tuta bianca. Batto le palpebre. La figura ora è più vicina. Ha corte ciocche che le scendono dalla fronte, sui lati. Un altro battito di ciglia e la figura è davanti a me... I biondi capelli sono insanguinati. Ha un foro dai contorni bruciati sulla tempia destra e da cui sgorga sangue. È Emma... Voglio dire, sono io ma...

Ricordati di me...

Allungo una mano verso quell'ombra luminosa che tanto mi somiglia. Le scosto la ciocca dal foro insanguinato e lei emette un urlo angosciante.

Mi sveglio urlando.
π ha il pelo completamente rizzato e la coda rigida in posizione verticale. Mi sta soffiando e mi ha anche graffiato.

Fuori dalla vetrata la luce di mille miliardi di stelle. Esco ansimante sul ponte di comando. Ci sono tutti, e questo mi rasserena. Mi guardano con l'espressione di chi ormai queste scenate se le aspetta.
Chiedo a Madeline che ore siano.
Le 11:00 am, orario standard di Cabrera.

Mando un messaggero alla sala comune affinché chieda ad Aiza di mandare su una massiccia colazione per me e π. Quando torna, il ragazzo ha un carico tale che mi dispiace averlo fatto correre per tutta quella strada e gli chiedo di rimanere a mangiare con me ed il randagio. Il giovane arrossisce, ringrazia e declina l'offerta. Prende qualcosa per non sembrare sgarbato e se ne va.
Diamine se faccio paura. Guardo π compiaciuta e commento con lui l'accaduto. Anche lui pare compiaciuto.

Andando verso gli hangar incontro, mio malgrado, Manning. Resto a fissarlo per alcuni minuti. Quando si accorge che lo sto guardando si fa cadere una chiave del 22" dentro la paratia a cui stava lavorando, sotto una tonnellata tra cavi e apparecchi elettronici. Alzo le spalle come a dire "non mi aspetto comunque di meglio, tanto vale lasciarti in pace così limitiamo i danni".
Resta a fissarmi sbigottito, con uno sguardo ebete. Gli chiedo quanto manca per sistemare il cablaggio e mi risponde che ci ha lavorato durante tutta la luce dimezzata e che ormai è questione di stringere quattro viti ed ha finito. Tradotto: non meno di 8 ore ancora. Me ne vado sbuffando.

Appena raggiungo gli hangar Mai Powell mi raggiunge sorridente. Avrà una paresi o forse la ragazza sta davvero per rendermi felice.
Delle due, la seconda. Nonostante i problemi di interfaccia tra l'ICSCN e i moderni sistemi delle navi è riuscita a riparare la Costante di Planck. Eccitata all'idea di avere di nuovo la mia nave micidiale mi faccio consegnare la scheda di accensione e salgo nell'ampia cabina di comando. Inserisco la scheda e come d'incanto si accendono tutti i pannelli. La nave esegue un rapido autotest per infine comunicare che tutti i moduli sono accesi ed online. Controllo anche le altre due postazioni e non sembrano esserci problemi. Anche la macchinetta del caffè funziona alla perfezione e finiamo per trovarci io, Mai Powell e Sal kidney a fumarci una sigaretta all'Onion Head brindando con il caffè alla vecchia Krait Mk.II e alle sue eroiche gesta.
La pausa dura poco e siccome il capo sono io, l'Onion Head me lo porto con me, fumandolo sulla strada del ritorno verso i miei alloggi.

La serietà torna d'obbligo non appena quell'idiota di Manning comunica che le riparazioni sono ultimate. Controllo il computer nella sala comando. Luci al 75%, temperatura 23°C in tutta la nave ed in aumento. Entro 6 ore tornerà a 25°C e la normalità sarà ristabilita. L'ossigeno è nuovamente ai livelli nominali e viene continuamente rigenerato. La pavimentazione magnetica è perfettamente funzionante.

Ho cambiato idea circa le prossime mosse. Anziché dividerci, che a questo punto sarebbe più pericoloso, porteremo la Entropy a HIP 13257 per seguire le tracce di Umbra. Quando questa ci avrà dato ulteriori indicazioni andremo a rifornire la nave di trizio, l'isotopo dell'idrogeno necessario per i salti iperspazio dell'immenso FSD, e poi andremo incontro al nostro destino.

Al mio destino.

Firmato: Comandante Emma Adama.
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